​​​​​​​KAIRÓS, LA QUALITÀ DEL TEMPO 
(DON'T THROW THE BABY OUT WITH THE BATH WATER)

Per poter comprendere su quali basi teoriche si regge l’astrologia, è necessario essere disposti ad allentare un po’ le strette maglie della mentalità corrente: una cosa non tanto semplice da fare. 
È difficile - e, tra l'altro, anche un po' disturbante - prendere atto di quanto siano angusti i limiti della cultura in cui siamo immersi. Tutti gli esseri umani, del resto, di qualunque epoca storica, vivono nell’illusione della contemporaneità: quel curioso fenomeno che porta le generazioni presenti a sentirsi sempre il punto più alto del progresso umano, dimenticando l'ovvia considerazione che i posteri di oggi saranno pur sempre gli antenati di domani. Il progresso umano ci sembra ineluttabilmente lineare: quando i tempi sono maturi un nuovo paradigma irrompe e si installa prepotentemente nella mente degli uomini, facendo piazza pulita di tutto quello che c’era prima. Non ci si rende conto per lungo tempo, che spesso con l’acqua sporca si è buttato via anche il bambino, come si suol dire. 
Prendiamo, ad esempio, il concetto di TEMPO. Nella nostra epoca abbiamo letteralmente svuotato il tempo di qualunque significato e di qualunque profondità. Di esso ci resta solo il dato quantitativo, e al limite quello meteorologico. Abbiamo buttato via tutto il resto, e non si tratta di poca cosa. Per comprendere il fondamento teorico dell’astrologia occorre però essere disposti almeno ad immaginare che il tempo, oltre a una dimensione quantitativa, ne possegga anche una qualitativa. La qualità del tempo non è cosa che si possa provare facilmente con un vero e proprio esperimento scientifico. Eppure è una cosa talmente macroscopica, talmente pervasiva e piena di implicazioni, che deve esistere un modo per farsene un’idea.
Se il tempo possiede una qualità ciò significa che, sotto la trama uniforme del tempo cronologico, ce ne sarebbe un’altra, diversa, e sarebbe proprio questa a far sì che in ogni istante possano accadere alcune cose e solo quelle, non altre: accadono cioè solo le cose che corrispondono alla qualità del momento (o che, forse, emanano da essa). Se il tempo avesse una qualità, dovremmo riconoscere che la nostra mentalità corrente è pesantemente inaridita, essendo giunta a concepire il tempo come un susseguirsi di istanti perfettamente simmetrici, regolari, tutti ugualmente privi di significato. Abbiamo perso ogni consapevolezza della qualità del tempo, se ve n’è una, ma nella storia dell’umanità non è stato sempre così. 
Limitandoci alla matrice culturale occidentale, cui apparteniamo, possiamo notare che i greci avevano parole distinte per riferirsi alle due dimensioni del tempo cui abbiamo accennato: χρόνος (chronos) e καιρός (kairós). 
CHRÓNOS 
È il tempo cronologico, cronometrico. È la sequenza regolare e simmetrica degli istanti. È la dimensione quantitativa del tempo. È un tempo astratto e con un valore oggettivo, universale, uguale per tutti. È la nozione di tempo che ha prevalso arrivando nella nostra epoca addirittura a sopprimere l’esistenza dell’altra.
KAIRÓS 
È la natura qualitativa del tempo. È un tempo concreto nel quale un potenziale universale fluttuante nell'aria deve essere colto dal singolo individuo con un colpo di reni (sforzo di elevazione istantaneo). Si dà solo al presente, qui ed ora. È un tempo intrinsecamente non uniforme, non regolare. Non è semplicemente uno strato soggiacente al tempo cronologico, ma piuttosto un buco, uno strappo, un taglio nella trama regolare degli istanti cronologici. Kairós è un momento o un periodo di tempo nel quale può succedere qualcosa di cruciale, in positivo, ma anche in negativo. Kairós può essere il momento critico, oppure il carpe diem, l’occasione, intesa letteralmente come “la circostanza o concorso di circostanze che rendono possibile l’avverarsi di un fatto, o che danno l’opportunità di fare qualcosa”(dal dizionario della lingua italiana). Il kairós è una visione del tempo inseparabile dall'esigenza d'efficacia dell'azione umana. È infatti un concetto che si trova all’intersezione di tempo e azione: rimanda a un agire duttile e pronto a sfruttare le circostanze, che richiede tempestività e presenza di spirito e non ammette ritardi né esitazione.
La nozione di kairós attraversa la cultura dell’antica Grecia (il mito, la religione, la filosofia e la poesia). Viene ripreso nella letteratura neotestamentaria. Si trova la parola negli scritti di San Paolo. In questo contesto kairós si riferisce alla disposizione d’animo che avevano nei confronti del tempo i primi cristiani. Per i cristiani delle origini la dimensione cairologica del tempo prevaleva su quella cronologica, poiché essi scrutavano il tempo in attesa del momento fatidico in cui l’evento che attendevano sarebbe transitato (il ritorno del Messia per instaurare il regno di Dio). La nozione di kairós è stata ripresa nel ‘900 da filosofi come Walter Benjamin, Martin Heidegger e in Italia Giorgio Agamben. Nel mondo latino il concetto di kairós veniva reso con la parola equivalente occasione (occasio, occasionis). Nei Disticha Catonis, una collezione di sentenze e proverbi assemblata del III-IV secolo d.C. si dice dell’occasio: "Rem tibi quam scieris aptam dimittere noli: fronte capillata, post haec occasio calva", che significa "Non lasciarti mai sfuggire quello che sai può tornarti utile; l'occasione ha i capelli sulla fronte, ma dietro è calva”.

Chronos e Kairós sono anche due divinità della mitologia greca.
CHRÓNOS è una delle divinità più importanti. Figlio di Gea e Urano, istigato e armato dalla madre con un falcetto, spodesta il padre, che si comportava in modo tirannico, evirandolo e prendendone il posto, dopo averlo costretto a ritirarsi in cielo. Successivamente subirà lo stesso destino per mano del figlio Zeus.
KAIRÓS invece è un dio semisconosciuto, uno dei numerosissimi figli di Zeus che non ha fatto molto parlare di sé. Però è interessante notare il modo in cui viene raffigurato: un giovane nudo, con ali sulla schiena e ai piedi, ha sulla fronte un folto ciuffo di capelli, ma la nuca rasata (riferimento all’occasio latina: l’istante propizio va afferrato al volo perché quando è passato non può più essere riacciuffato). In mano ha un rasoio e anche una bilancia. Il rasoio rimanda alla sua natura tagliente, incisiva. La bilancia rimanda all’attitudine a soppesare che il dio richiede per farsi trovare pronti quando sarà il momento. Quando l’istante passa non si ha tempo di eseguire pesature, ma se si vive coltivando l’abitudine a ponderare il pro e il contro delle cose, quando il momento arriva si sarà pronti a riconoscere in una frazione di secondo da quale parte si trovi il proprio vantaggio. La bilancia è associata al kairós anche per un altro valore semantico della parola, quello di giusta misura, proporzione, appropriatezza, più rilevante nel dominio dell’estetica e delle arti figurative, ambito nel quale sembra assimilabile a un’idea di bellezza quasi apollinea, intesa come perfetta armonia.
Nel simbolismo astrologico, chrónos e kairós hanno per rappresentanti i simboli planetari di Saturno e Urano.​​​​​​​
SATURNO 
È un principio secco, arido, non generativo. La sua funzione nel cosmo non è di generare, ma casomai di consolidare, ristrutturare, riorganizzare, in particolare dopo aver fatto piazza pulita di tutto ciò che non è davvero importante. È collegato alla razionalità, alla logica ferrea, al principio di realtà, all’attenzione ai fatti e alle cose concrete, al senso del dovere, al distacco e all’equilibrio, alla maturità, alla vecchiaia, alla morte, alla resa dei conti, al giudizio, alla legge e alle regole, all’autorità e all’autorevolezza, alla frugalità, alla privazione, all’isolamento, alla durata, alla durezza, alla pesantezza, alla freddezza.

URANO 
È un principio leggero, aereo, duttile, in cui confluiscono attributi dell’omonima divinità greca e anche tutti gli attributi del kairós che abbiamo presentato sopra. Οὐρανός (Ouranós) in greco significa «cielo stellato, firmamento». Urano è quindi il cielo, l’ARIA, ma anche la pioggia. L’etimologia del nome rimanda infatti a qualcosa di umido che cade dal cielo. Sembra esser collegato anche a ouréō (urinare). Urano è associato alle cose che cadono dall’alto, quindi al cadere, ma anche all’accadere, che nell’etimo non è altro che un cadere verso (ad-cadere). Urano è legato agli accidenti (accĭdens -entis, part. pres. di accidĕre, che significa sempre accadere), ma anche all’occasione, la parola latina per kairós (in latino occasio -onis significa propriamente avvenimento, caso e deriva da occasum, supino di occidĕre, che significa sempre cadere). Un allotropo di occasione è cagione, che significa “ciò che è causa di un determinato effetto”. Urano è infatti un archetipo che determina, fa succedere le cose. È legato all’efficacia dell’azione e alla capacità di incidere. Urano è legato anche al decidere, alla capacità di decisione (propriamente: tagliare via, dal latino decīdĕre, comp. di de- e caedĕre «tagliare»), in particolare una capacità di decisione rapida e tempestiva. Urano è tempismo e tempestività. Tempestività deriva dal latino tempestas, che significa tempo, circostanza, ma anche tempesta, temporale. Tempestività, tempesta e tempo sono concetti in qualche modo correlati. Del resto, non è la tempesta qualcosa che cade dal cielo?
Molti attributi del principio di Saturno marchiano pesantemente la nostra società e la nostra cultura. ​​​​​​​​​​​​​​C’è un legame sottile tra la mostruosa prevalenza nella nostra epoca di caratteristiche saturnine (iper-razionalità, normatività, pedanteria, attaccamento alla "materia", aridità), e il fatto che ci siamo completamente dimenticati che il tempo ha anche una qualità. Sembra che l’evento mitologico dell’evirazione di Urano da parte di Crono abbia sortito effetti che giungono fino a noi.
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